Con il loro insediamento fortificato all'interno della torre, e le poche abitazioni
a disposizione alle vicine
Case Zitta,
i predoni saraceni erano soliti terrorizzare la valle.
Uscivano armati di tutto punto al mattino per perpetrare saccheggi, furti,
rapimenti e violenze di ogni genere.
Nessuno osava tentare di sbarrar loro la strada.
Un giorno, un giovane di Barchi della famiglia Zitta,
cui i brigati avevano rapito la fidanzata, decise di porre fine alle ingiustizie.
Spiò per giorni i saraceni, ed arrivò a scoprire che durante il giorno un solo
guardiano restava nella torre, con il compito di aiutare i compari a rientrarvi
alla sera. L'ingresso della torre era infatti a precipizio sul vuoto, e il guardiano,
uditi tre caratteristici fischi che lo avvisavano del ritorno della banda,
allungava il braccio e, senza poter vedere a chi lo porgesse, aiutava tutti a rientrare.
Il giovane, dopo essersi allenato a lungo a riprodurre i fischi convenzionali,
approfittando di una notte buia e di temporali, decise di mettere in atto il suo piano.
Si recò presso la torre, fece i fischi e, una volta trascinato nella torre, uccise
l'esterrefatto saraceno.
Attese poi l'arrivo della banda e, ai tre fischi, afferrò il braccio di ciascun brigante,
non per issarlo nella torre ma per scaraventarlo nel vuoto fin dentro il letto del
Fiume Tanaro
8.
Il rumore del temporale e del fiume in piena coprirono le urla dei malcapitati.
Zitta venne celebrato in trionfo e da
quel giorno dei predoni saraceni non si ebbe più a parlare.
[Comune di Ormea, La Torre dei Saraceni]
[Comune di Garessio, La Torre dei Saraceni]
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