AT.06 Upega - Colla Bassa - Cappella della Madonnadei Cancelli - Colle di Nava
Upega (1280 m) - Colla Bassa (1549 m) - Dova soprana (1334 m) - Ponte Schiarante (951 m) - Tetti Cornia (1404 m) - Cappella della Madonnadei Cancelli (1438 m) - Forte Montescio (1432 m) - Forte Pozzanghi (1120 m) - Colle di Nava (939 m)
+1005 / -1346
Dislivello [m]
6:40 - 7:35
Tempo [h:mm]
19419
Distanza [m]
E/EE
Difficoltà
Tipologia
Tappa lunga, che richiede un notevole impegno fisico, ed estremamente varia:
spesso il percorso si snoda in ambienti suggestivi, tra boschi di
faggio o di conifere, oppure lungo panoramicissimi sentieri balcone. Talvolta
tuttavia ci si ritrova su denudati pendii, con il sentiero ridotto a traccia, invasa
dalla vegetazione erbacea e difficile da seguire. Nella seconda parte della tappa
un lungo tratto si svolge in assenza completa di segnavia, ma è ragionevole supporre che
la lacuna venga colmata.
L'arrivo al Colle di Nava permette di ammirare alcune fortificazioni ottocentesche costruite
a difesa dell'importante valico tra la pianura e il mare.
ATTENZIONE: a causa dell'alluvione dell'ottobre 2020 risulta
crollato il Ponte Schiarante, rendendo impossibile l'attraversamento
del Rio Tanarello.
Dal centro di
Upega
(1280 m)
9
si scende lungo la strada provinciale in direzione di
Viozene
fino a incontrare, dopo circa 500 metri, un sentiero che si stacca a destra
della carreggaita (palina su un albero, paletti e tacche e segnavia).
Il sentiero scende tra i prati ad attraversare il
Torrente Negrone
su un ponte in legno.
Oltre il corso d'acqua, si risale ai piedi del traliccio di un elettrodotto,
dove si incontra una mulattiera che si segue verso sinistra.
L'alluvione del novembre 2016 ha distrutto la parte iniziale della tappa.
Da ottobre 2018 è stato posizionato un ponte provvisorio e aperto un breve
tratto di sentiero, come descritto sopra, che consentono di percorrere nuovamente
anche questa tappa. Il nuovo tracciato si ricongiunge a quello originario
proprio in corrispondenza del traliccio dell'elettrodotto.
Si prosegue brevemente nel bosco in direzione della
Gola delle Fascette,
poi il sentiero piega a destra e attraversa su un ponte il
Rio Pian Cavallo.
Si incomincia a salire, e si lascia quasi subito a sinistra il sentiero per la
Gola delle Fascette.
Sebbene il sentiero non la attraversi (se ne intuisce solo l'imbocco), è d'obbligo
spendere alcune righe per questo straordinario fenomeno geologico.
La gola è lunga 600 metri, scavata nel calcare. Oggi costituisce il confine tra le
Province di Imperia e Cuneo. La circolazione idrica, un tempo superficiale, è ora sotterranea,
perché le acque del
Rio Nivorina
sono inghiottite (almeno per buona parte dell'anno) dal
Garb del Butaù.
Per secoli la gola, con le sue pareti strapiombanti, ha costituito una barriera invalicabile,
costringendo gli abitanti della valle a lunghissimi aggiramenti. Solo alla fine dell'Ottocento,
con la collaborazione dell'esercito, venne realizzato un sentiero attraverso la gola, attrezzato
poi con cavi metallici nei tratti più esposti.
Nel 1896 Domenico Bassi così scriveva: «Il Passo della Fascetta è da sconsigliarsi a chi soffra
menomamente di vertigini. In principio non è che un incavo fatto nella roccia
a forza di picco e scalpello, tanto da mettervi appena il piede; poi si trasforma in
sentieruccio che, in molti punti, non è più largo di un palmo, e scorre sull'orlo dei
precipizi, in fondo ai quali mugge il Negrone, ... ».
Ma fu nel dopoguerra che l'isolamento di questo lembo della Val Tanaro ebbe definitivamente
termine: nel 1955 la ditta Feltrinelli collegò
Viozene
a
Upega
con una rotabile
19,
in cambio dei diritti di taglio nei boschi delle Navette, della Binda e del Bosco Nero.
L'enorme quantità di detriti dello scavo nelle pareti rocciose fu gettata nella gola, alterandone
l'aspetto originario. Nel 1994, la grande alluvione che colpì la Val Tanaro trasportò una gran parte
dei detriti a valle, riportando alla luce le grandi marmitte scavate dall'acqua e molti fenomeni erosivi.
[Pannello informativo in loco]
[Guida Grand Hotel di Ormea, p.86]
Dal
Torrente Negrone
ha origine il fiume più lungo d'Italia? Si, no, forse.
Facciamo un passo indietro, un passo lungo 100.000 anni...
A quell'epoca il Tanaro, dopo aver aggirato le Alpi (come peraltro fa ancor oggi)
volgeva a nord ovest e puntava verso l'attuale Torino.
Nel suo ampio bacino raccoglieva sia corsi d'acqua minori, come il Belbo,
sia altri di maggiori dimensioni, come la Stura di Demonte.
Uno dei suoi affluenti di sinistra, il Po, confluiva nel Tanaro presso Carmagnola,
ed in quel punto il Fiume Tanaro era assai più lungo ed ampio del Fiume Po.
Circa 80.00 anni fa, il sollevamento delle Langhe e l'abbassamento della pianura
attorno ad Alessandria, portò i piccoli corsi d'acqua che ivi scorrevano ad aumentare
la loro pendenza e, di conseguenza, la loro capacità di erosione regressiva (in senso
opposto allo scorrimento dell'acqua).
Uno di questi torrenti tagliò letteralmente le tenere rocce delle Langhe, presentandosi
nel bacino del Tanaro ed avvicinandosi al grande fiume.
Il Tanaro, il cui alveo si trovava ad una quota maggiore, forse nel corso di una
grande piena, ruppe infine l'ultimo lembo di terra che lo separava dal torrente
"invasore" e, con una imponente e fragorosa cascata, si tuffò nel nuovo piccolo alveo,
cambiando il suo corso originario. Il re era stato detronizzato, il fiume "catturato", come
si dice in gergo.
Il Tanaro iniziò a scavare un ampio bacino attraverso le Langhe, e il Po,
rimasto orfano, pian piano prese coraggio e assunse il ruolo che fu del Tanaro.
Privato di parte del suo bacino idrografico originario, il Tanaro confluisce oggi nel Po
nella pianura di Alessandria e, per dimensioni e portata, è giustamente considerato
un affluente del Po e non viceversa.
E qui entra in gioco, indirettamente, il
Torrente Negrone.
Infatti, sembra che mere misurazioni chilometriche (dalla sorgente del
Torrente Negrone alla confluenza nel Po)
lascino ancora al Tanaro il titolo - non riconosciuto - del fiume più lungo d'Italia,
nonostante la cattura ne abbia abbreviato il corso.
Il titolo riconosciuto, almeno per ora, resta saldamente nelle mani del Po.
Ma è sempre stato così?
Padus
e
Bodincus,
chi erano costoro? In realtà erano uno stesso soggetto, un fiume per
l'esattezza. E un fiume piuttosto grosso, tanto che ad esso le popolazioni liguri avevano
attribuito il nome di Bodincus, "fondo profondo", senza fondo, dalla profondità ignota.
Per le popolazioni galliche questo grande fiume era il Padus, nome la cui origine
potrebbe derivare dagli abeti, Pades per i Galli, che ne circondavano le sorgenti.
Il nome odierno Po potrebbe derivare dalla contrazione di Bodincus (Podincus) in
Pod e infine Po. Ma non è questo il punto.
Praticamente tutte le fonti concordano nell'attribuire le due denominazioni allo stesso
corso d'acqua: quindi Padus nel suo basso corso, e Bodincus nel tratto a monte.
Assumendo che i liguri non abitassero ai piedi del Monviso, c'è da supporre
che il fiume Padus dei Galli avesse la sorgente nel territorio dei Liguri;
e un fiume di tale portata non poteva essere altri che il Tanaro, che evidentemente
rivestiva un ruolo preminente rispetto all'attuale Po.
E' dunque possibile che la sorgente del Po sia stata "collocata" ai piedi
del Monviso solo in epoche assai recenti, mentre prima si riteneva fosse in Val Tanaro?
Non sarò certo io a sbilanciarmi.
D'altra parte, è verosimile che in futuro, nell'arco di qualche breve istante (in termini geologici)
il Fiume Belbo decida di catturare il Tanaro, accorciandone ulteriormente il corso
e ponendo fine una volta per tutte alla questione dell'attribuzione dello scettro di
fiume più lungo d'Italia...
[Le metamorfosi della terra, pp.22-26]
[Della etimologia dei nomi di Luogo, pp.57-69]
Continuando innanzi, il sentiero segue il
Rio Pian Cavallo
tenendosi sulla destra orografica del valloncello, all'interno di un fitto
bosco di faggio.
Quando si allontana dal corso d'acqua, piegando a sinistra, il sentiero s'innalza
a lungo
10,
con comodi tornanti e pendenze modeste, fino alla soprastante
Colla Bassa
(1549 m, 1:10 - 1:20 ore da
Upega)
1112.
Ignorando il sentiero a destra e la traccia che divalla di fronte, ci si tiene sullo
spartiacque svoltando a sinistra.
Dopo un'ultima breve risalita si comincia un lunghissimo mezzacosta pianeggiante:
il sentiero, vero balcone affacciato sul mare, prosegue per oltre 1,5 km tagliando
pendii prativi e radi boschetti di conifere.
Giunti ad un impluvio, si scende ad attraversare un rio tra roccette scistose e, superato
un breve tratto acquitrinoso, si risale brevemente per entrare in una zona di lariceto rado
adibita a pascolo.
Un ultimo tratto pianeggiante porta ad un bivio assai poco evidente: si ignora la traccia che
prosegue innanzi e si seguono a destra le tacche segnavia.
Qui il sentiero diventa labile traccia: non manca la segnaletica orizzontale né i paletti segnavia
(unica soluzione su questo tipo di terreni), ma la vegetazione erbacea ed arbustiva - specialmente
in estate - possono rendere complicata l'individuazione del percorso e perfino la progressione.
Si scende piuttosto ripidi tra roccette, arbusti ed erba. Ad un bivio che si incontra poco a valle
(palina), si ignora la traccia che prosegue diritta per
Case Bausun
e si tiene la destra per
Nava.
Si continua a perdere quota, passando accanto ad un vecchio pilone votivo costruito su una roccia
13,
quindi si entra in un boschetto di pini, all'interno del quale si ignora una labile
traccia a destra e si tiene la sinistra. Si esce poco dopo dal bosco, riprendendo
la discesa tra erba e arbusti, guidati dai segnavia fino ai pochi ruderi di
Dova soprana
(1334 m, 1:05 - 1:15 ore dalla
Colla Bassa).
Tra i ruderi riappare il sentiero e si incontra un bivio: a sinistra si scende verso il
Ponte Schiarante,
diritto si raggiunge la vicina
Cappella di San Bernardo
(1350 m).
E' assolutamente consigliata la breve digressione alla
Cappella di San Bernardo,
cui si arriva con un comodo sentierino tra i pini
(Dislivello: +16/-0 m; Dislivello A/R: +16/-16 m; Tempo: 0:05 ore; Tempo A/R: 0:10 ore; Difficoltà: E; Distanza: 217 m).
La piccola chiesetta
14
è costruita su un modesto dosso che si eleva dal lungo crinale.
Di probabile origine medievale, venne costruita assieme al vicino, ma ormai in rovina,
Ospitale di Santa Maria Maddalena
per dare riparo e conforto ai pastori della zona.
Ha pianta quadrata e un minuscolo campanile a vela.
Edificio assai semplice, ma dall'indubbio fascino, versa purtroppo in uno stato di degrado
ed abbandono.
[Pannello informativo in loco]
Svoltando a sinistra, il sentiero conduce, appena dopo l'ultima abitazione, alla mulattiera
che serviva da valle l'isolata borgata.
La mulattiera stacca subito una diramazione a destra, compie un semicerchio a sinistra
comincia una lunga quanto ripida discesa nel fitto bosco, sulla sinistra orografica di un
incassato vallone.
A quota 1060 circa la mulattiera piega a sinistra (est), esce dal vallone e traversa in
diagonale fino alle
Case dell'Isola,
posizionate sul fondo del solco vallivo dove scorre il
Rio Tanarello.
Qui ci si immette su una pianeggiante rotabile sterrata, seguendola verso sinistra.
La rotabile segue a lungo il
Rio Tanarello
in sinistra orografica, e raggiunge il
Ponte Schiarante
(951 m, 1:00 - 1:05 ore da
Dova soprana).
Si abbandona la rotabile e si attraversa a destra sul ponte il
Rio Tanarello.
Alla data del rilevamento non erano presenti né paline né tacche segnavia che segnalassero di
attraversare il ponte.
Appena oltre il ponte si trascura a destra la pista forestale per la
Colla del Fieno
e si imbocca il sentiero a sinistra (scalini in legno).
Il sentiero dapprima traversa nella faggeta, poi, ai piedi di una parete di roccia,
piega a destra ed incomincia una salita a tornanti, con pendenze sempre estremamente sostenute.
La faticosa ascesa si interrompe solo per pochi metri presso un grosso roccione
a quota 1280 circa, quindi riprende assai ripida.
Un'ultima serie di tornanti, via più stretti e tra affioramenti rocciosi, consente di doppiare
il costone che scende dal
Bric Cornia.
Da questo punto terminano sia la segnaletica verticale che quella orizzontale.
Occorrono una discreta di capacità di orientamento e una buona carta escursionistica.
Si procede inizialmente su tracce, a tratti labili, anche se su terreno non impervio.
Superati i
Tetti Cornia
ci si sposta nuovamente su mulattiere, piste o sentieri ben evidenti, ma
la segnaletica riprende solo con l'immissione sull'Alta Via dei Monti Liguri,
a valle del
Forte Montescio.
E' ragionevole supporre che questa lacuna nella segnaletica venga presto colmata.
Una traccia traversa a mezzacosta, in saliscendi, per ripidi pendii, poi si perde tra
ampi prati terrazzati. Tenendosi in quota tra i prati si raggiungono i ruderi di
Tetti Cornia
(1404 m, 1:20 - 1:35 ore dal
Ponte Schiarante).
Si passa attraverso le dirute abitazioni quindi, per traccia in leggera salita che
asseconda l'orografia del pendio, ci si immette su una mulattiera inerbita nel punto in cui
questa termina.
La si segue verso destra (est), sostanzialmente in piano, si tocca un abbeveratoio e,
dopo lungo incedere tra dolci pendii, ci si immette su una pista sterrata.
Si percorre la strada verso destra per pochi metri, poi si incontra un bivio:
svoltando a sinistra si sale alla
Cappella della Madonna dei Cancelli
(1438 m, 0:20 ore da
Tetti Cornia)
1615.
Continuando invece diritti all'ultimo bivio, si segue la strada sterrata che si
allunga verso sud in leggera salita. Si ignorano una prima pista inerbita a destra per
Tetti Fenugi,
poi una seconda per la stessa destinazione.
La sterrata inizia ora a scendere e giunge ad uno slargo, presso il quale si ignora la
diramazione di sinistra. Si continua innanzi per una cinquantina di metri dove bisogna
lasciare la strada e imboccare a destra quella che sembra una pista forestale inerbita.
In effetti la pista si trasforma subito in un comodo sentiero, che traversa pianeggiante
all'interno della faggeta e si porta sul fronte di gola dell'imponente
Forte Montescio
(1432 m, 0:20 - 0:25 ore dalla
Cappella della Madonna dei Cancelli)
8.
Situato all'estremità dello
Sbarramento di Nava,
il
Forte Montescio7
si trova ad una ragguardevole distanza dalle altre opere.
Di notevoli dimensioni, questa batteria di protezione con pezzi in barbetta,
era armata con quattro cannoni da 15 GRC/Ret su affusto da posizione.
Poteva battere le vallate ad ovest del
Colle di Nava,
proteggeva la strada di arroccamento
Nava -
San Bernardo di Mendatica -
Monesi
e rappresentava anche un punto di collegamento tra le batterie d'appoggio schierate
nella zona tra il
Monte Saccarello
(in linea di vista), la
Cima di Marta
e la
Piazza di Nava.
Il forte è a pianta trapezoidale, circondata su tre lati da un fossato (solo il fronte di gola ne
è sprovvisto). I locali di servizio erano distribuiti su due livelli: al piano superiore alloggi ufficiali,
riservette e polveriera, al piano inferiore le camerate truppa, magazzini e cisterne.
[Le Fortificazioni delle Alpi del Mare, p.51] [Pannello informativo in loco]
Ci si porta sulla sterrata di accesso al forte, proprio di fronte al portale d'ingresso.
Si scende per poche decine di metri fino al primo tornante della strada: qui si ignora
il primo dei due sentieri che si staccano a destra e si imbocca il secondo, meno evidente.
Il sentiero discende il crinale verso est, all'interno di un fitto bosco di pini
17,
quindi torna sulla sterrata presso un tornante ma la abbandona subito, per scendere a destra.
Il sentiero continua la ripida discesa sul crinale, si sdoppia per alcune decine di metri
(i due rami sono equivalenti) ed infine riceve da destra il sentiero dell'Alta Via dei Monti
Liguri (segnavia AVML, Via Alpina R155).
Come sopra accennato, in questo punto riappare la segnaletica escursionistica.
In breve ci si immette sulla strada sterrata per
Tetti di Mezzo.
La si segue verso destra, si ignora la mulattiera che si stacca a sinistra e
si raggiunge la strada provinciale proveniente da
Nava.
Di fatto si attraversa la strada e si imbocca il sentiero di fronte
(a fianco di un traliccio dell'alta tensione).
Dopo una breve risalita, si giunge ad un crocevia: si ignorano due
piste sterrate sulla destra e una a sinistra, e si continua diritto sul sentiero.
Salendo a destra si raggiunge la radura dove era ubicata la
Batteria di Poggio Forche,
batteria campale di protezione allo sbarramento del
Colle di Nava. Era dotata di sei pezzi da 120 mm.
Il piacevole sentiero serpeggia a mezzacosta (per un tratto con fondo in cemento),
stacca una diramazione a sinistra, poi tocca un tavolo per pic-nic, incrocia una
mulattiera ed infine si immette su una pista sterrata (vecchia carrareccia di accesso al
Forte Pozzanghi).
La pista, che assume via via le sembianze di una mulattiera inerbita, taglia in piano
le pendici settentrionali di
Poggio Pozzanghi
e giunge alle spalle del
Forte Pozzanghi
(1120 m, 1:05 - 1:10 ore dal
Forte Montescio)
2,
dall'elegante pianta circolare.
Indicato anche come
Forte Possenghi,
è una batteria di protezione a pianta circolare circondata da un fossato
3,
con accesso mediante ponte levatoio.
Disponeva verosimilmente di pezzi da 9AR/Ret su affusto da assedio. Venne
disarmato nel 1915, e utilizzato in seguito come ricovero per le truppe e magazzino.
Sul fronte sinistro dello schieramento venne costruito un forte gemello, il
Forte Richermo
(o
Forte Richelmo),
con cui ha condiviso gli armamenti e la storia.
[Le Fortificazioni delle Alpi del Mare, p.50]
Si aggira 18
il forte lasciandolo a sinistra, seguendo il fossato di protezione,
fino a incontrare a destra la mulattiera che scende nel bosco.
La mulattiera
1
perde quota con alcuni tornanti e giunge ad uno slargo presso una
grossa cisterna in cemento, dove si trascura la mulattiera a destra e si imbocca la pista
sterrata a sinistra. Si scende lungo la pista, tralasciando altre due mulattiere che
si dipartono verso sinistra; con il fondo prima in cemento, poi asfaltato, si arriva così al
Colle di Nava
(939 m, 0:20 - 0:25 ore dal
Forte Pozzanghi).
Attraversando la statale, ci si trova di fronte un ampio posteggio e, a destra, il tracciato
in trincea della vecchia strada di valico. Seguendolo, in meno di un centinaio di metri
si entra nel
Forte Centrale,
perno difensivo dello sbarramento del
Colle di Nava,
costruito proprio a cavallo della vecchia rotabile.
Lo sbarramento al
Colle di Nava
venne realizzato tra il 1880 e il 1888, con il compito di impedire il transito sull'agevole
valico che collega la Valle Tanaro con la Valle Arroscia.
La piazza contava su cinque forti: il
Forte Centrale
e il
Forte Bellarasco
nei pressi del valico, il
Forte Richermo
a sinistra,
il
Forte Pozzanghi
e il
Forte Montescio
a destra, oltre ad una serie di batterie campali semipermanenti.
L'armamento era di piccolo e medio calibro per tutti i forti, con pezzi da 9AR/Ret e 12/GRC/Ret.
A poche decine di metri dall'arrivo della tappa al
Colle di Nava,
si trova il
Forte Centrale456,
fulcro dello schieramento difensivo.
Il fronte di fuoco, su due ordini, schierava superiormente i pezzi in casamatta con cannoniere in
pietra, inferiormente le feritoie per fucileria rifinite in mattoni rossi.
Ben 97 erano i locali logistici all'interno della struttura.
[Le Fortificazioni delle Alpi del Mare, pp.49-50]
Accessi
Da Ceva si risale la Valle Tanaro, superando Garessio e Ormea e proseguendo in
direzione Imperia. A Ponte di Nava si svolta a destra per Viozene e Upega.
Diversi chilometri dopo Viozene, la tortuosa ma spettacolare strada arriva a Upega.
Numerosi i posteggi attorno al paesino.
Note
Sebbene non siano presenti tratti tecnicamente difficili, la mancanza di segnavia
o la prolungata assenza di sentiero (seppure in presenza di segnavia) portano a classificare
come E/EE la parte centrale di questo itinerario. E' richiesta una buona capacità di
orientamento e lettura delle carte topografiche.
[Fra n.19] [AsF n.3] I riferimenti dettagliati alle carte sono disponibili nella sezione Bibliografia.
Ultimo aggiornamento
Ultimo sopralluogo: Autunno 2016
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Mastrobirraio
lunedì 28 giugno 2021
[ 82.56.*.*]
Attualmente (Giugno 2021) il Ponte Schiarante sul Torrente Tanarello non esiste. E' stato accatastato del legname che agevola l'attraversamento del torrente. Prestare attenzione a seguito di forti precipitazioni
Mastrobirraio
lunedì 28 giugno 2021
[ 82.56.*.*]
Attualmente (Giugno 2021) il Ponte Schiarante sul Torrente Tanarello non esiste. E' stato accatastato del legname che agevola l'attraversamento del torrente. Prestare attenzione a seguito di forti precipitazioni
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