AM.09 Limonetto - Fort Central - Colla Piana di Malaberga - Passo del Duca - Rifugio Garelli
Limonetto (1294 m) - Prati di San Lorenzo (1505 m) - Fort Central (1908 m) - Col de Cannelle (1874 m) - Col de la Vallette (2187 m) - Colle della Perla (Col de la Perle) (2086 m) - Colle della Boaria (Col de la Boaire) (2102 m) - Colla Piana di Malaberga (2219 m) - [Capanna Morgantini (2204 m)] - Passo del Duca (1989 m) - Colle del Prel soprano (1926 m) - Laghetto del Marguareis (1924 m) - Rifugio Garelli (1966 m)
+1771 / -1099
Dislivello [m]
8:30 - 9:40
Tempo [h:mm]
24970
Distanza [m]
E
Difficoltà
Tipologia
Per tempo di percorrenza è la tappa più lunga del trekking, ma di grandissimo
fascino. Il tracciato si snoda a lungo su vecchie mulattiere militari, tocca imponenti
fortificazioni di fine Ottocento, ed è sempre estremamente panoramico.
Dopo aver guadagnato quota, dal Colle di Tenda si segue da vicino la displuviale alpina fino
alla Colla Piana di Malaberga, dove si entra nel territorio del Parco naturale del
Marguareis. Nel tratto compreso tra il Colle della Boaria e il Passo del Duca si
attraversa un ambiente carsico tra i più importanti delle Alpi, con doline,
inghiottitoi e bianchissime rocce calcaree, senza che un solo albero né arbusto riesca
a crescere in questo paesaggio quasi lunare.
Estremamente piacevole anche il passaggio nel Vallone del Marguareis, ai piedi delle
impressionanti pareti calcaree dell'omonimo massiccio, un vero angolo di Dolomiti in
Valle Pesio.
Qualche problema di orientamento può insorgere lungo il percorso in caso di scarsa
visibilità.
Dal centro
Limonetto
(1294 m)
si scende lungo la strada provinciale in direzione di
Limone.
In base a dove si sceglie di pernottare, può essere conveniente raggiungere i
Prati di San Lorenzo
con un itinerario alternativo. Partendo dal centro di
Limonetto
o da più a valle, è decisamente più piacevole l'itinerario principale;
partendo da monte del paese, può convenire la variante descritta
di seguito, che consente di risparmiare dai 15 ai 20 minuti.
Si percorre a ritroso l'ultima parte della tappa precedente, arrivando ad imboccare la
strada sterrata per il
Vallone dei Prati della Chiesa;
la si segue fino alla diramazione per i
Prati di San Lorenzo
e il
Colle di Tenda
(0:20 - 0:25 ore dall'inizio della sterrata).
Qui si svolta a sinistra, seguendo la strada che attraversa il bosco in leggera salita.
Giunti presso il ristorante La Frontera, la sterrata piega decisamente a sinistra
quasi invertendo il senso di marcia (in questo punto va ignorata la pista che prosegue innanzi).
La sterrata compie una lunga svolta a destra e, ormai nei pressi dello Chalet
Arrucador (di fronte, a poche decine di metri), stacca a sinistra una pista agro-pastorale.
Si segue la pista, che scende leggermente a passare su un ponte il rio del
Vallone di San Lorenzo
e si immette sull'ampia mulattiera inerbita per il
Colle di Tenda,
dove ci si ricongiunge al percorso principale proveniente da
Limonetto
lungo la
Via Romana
(0:15 ore dal bivio per i
Prati di San Lorenzo).
Quando si è ormai usciti dal paese si imbocca, a destra, il bivio segnalato per il
Colle di Tenda
(segnavia L14, GTA).
Da
Limone
al
Colle di Tenda
il tracciato di questa tappa segue la
"Via Romana",
così definita per la presenza di alcuni tratti di selciatura che
rimandano alla tipologia costruttiva delle antiche strade romane.
Sono molti i testi che fanno riferimento alla strada romana, e si riportano di
seguito alcune citazioni in merito.
Martino e Ballestra riferiscono che la strada
«sin dall'epoca romana fu la via più breve tra Piemonte e Nizzardo
e una delle più utilizzate per le sue caratteristiche plano-altimetriche.
Nel III secolo a.C. Polibio, elencando i quattro passi alpini più noti al suo tempo,
nominava per primo questo, che partiva dal Mar Tirreno e
attraversava il territorio dei liguri. Inoltre, pare che Annibale, nella
sua calata in Italia del 218 a.C., fosse a conoscenza di questa via
e vi avesse rinunciato perché più facile ma meno sicura, data la
bellicosità dei liguri. Oggi il tratto meglio conservato è quello che
dalla statale conduce ai
Prati di San Lorenzo,
mentre il tempo e l'incuria ne hanno pressoché cancellato le tracce a
Limone».
Un documento redatto dalla Diocesi del Colle di Tenda a duecento anni
dal passaggio sul valico di Papa Pio VII prigioniero, diretto al
soggiorno coatto in Savoia, così recita:
«Fin dai tempi di Augusto, i Romani avevano costruito
una strada che collegava la costa ligure alla pianura padana
attraverso la val Roia e la val Vermenagna;
nel Medioevo la strada venne custodita dai monaci
di San Dalmazzo di Pedona con ospizi alpini,
a servizio di pellegrini e mercanti.
Dal 1591 i Savoia fecero riassestare più volte la strada,
e nel 1788 la resero tutta percorribile da carrozze,
con un nuovo tracciato dal colle a
Limone.
[...]
Mentre il tratto meridionale discendente
dal colle fu modificato dalla strada resa carrozzabile dai Savoia, la parte
settentrionale fu abbandonata per il percorso nel
Vallone della Panice,
lasciando quasi intatta la struttura antica, con tratti di chilometri di
fondo lastricato solidamente,
largo circa 4 metri, con la "spina" centrale, le "tabulae" di rinforzo,
i "sulci" di scolo; poderosi muri ne sostengono le scarpate ed in alcuni tratti
è in elevato. Vi è in sede ancora un "miliarium" ed i "gomphi", cioè i paracarri
prima e dopo le pietre miliari».
Ma forse la citazione più interessante si deve a Goffredo Casalis, che nel 1841 scrive:
«Da
Limone
verso
Tenda
lontano quattordici miglia si diramano due strade:
la nuova reale a ponente del Vermenagna fatta costrurre, come già toccammo,
dal re Vittorio Amedeo III nel 1780 sotto la direzione del cavaliere
Cappellini di S.Damiano d'Asti; e la vecchia statavi aperta nel 1592 sulle
vestigie della
Via Romana
lungo la riva orientale del fiume, la quale entra
nel
Vallone di Limonetto
ed è ora, per breve tratto, praticata quasi unicamente
dai proprietarii de' circostanti poderi servendo anche di pubblico passeggio
agli abitanti; ma dal cosi detto Rondò, cioè ad un miglio e mezzo circa da
Limone
sino al vertice del collo, se essa durante l'estate non è la principale
è la sola per altro che si percorra nel tempo delle nevi cioè per cinque
o sei mesi dell'anno.
Nella fredda stagione un impresaro è incaricato a battere la strada
quotidianamente con sedici muli facendone alle ore otto del mattino partir
quattro copie da
Limone
per
Tenda,
ed altrettante da
Tenda
per
Limone;
e gli uni si debbono incontrare cogli altri sul vertice del giogo, conseguitati, conforme
all'uopo, da collanti, ossia da scorte e da sgombratori di neve. Riesce graditissimo
al viandante il molesto tintinnare del sonaglio che pende dal collo del primo de muli
e che annunzia il loro ravvicinamento, e lo accostarsi degli uomini soccorrevoli, onde
sono condotte quelle bestie. Che veramente inspira talvolta raccapriccio ed orrore
il muovere su qualche tratto di quella strada, che per
la sua incertezza deesi alcune fiate contrassegnare con lunghe pertiche; il trovarsi
in quello squallore della natura, fra smisurati ammassamenti di neve che ad un soffio
sciroccale puonno staccarsi in un istante dai balzi, e precipitar nella via: se non
che in tale rischio i mulattieri ed i collanti sono persino guardinghi a non
iscuotere, per maggior cautela, l'atmosfera con alcun moto alquanto eccessivo,
e nemmeno con voce troppo elevata; ma siffatti casi non sono frequenti, e si
puonno schivare i pericoli col soffermarsi a
Tenda,
od a
Limone
per una notte;
poiché d'ordinario nello spazio di ventiquattr'ore le valanghe cadendo, il
viaggiatore è tolto al pericolo di soggiacervi; e s'egli già trovasi durante
il rischio, per istrada, può senza grave disagio ripararsi alla
Cà,
o a
Limonetto,
o ne' varii baracconi assai bene costrutti».
[Escursionismo a Limone Piemonte, p.10]
[2000 anni di strade sul Colle di Tenda]
[Dizionario degli Stati di S.M., pp.459-460]
La stradina sale alle spalle di case e condomìni (evitare tutte le diramazioni
che si staccano a destra tra le abitazioni) e si trasforma in mulattiera inerbita.
Con un traverso ci s'innalza a lungo nel bosco senza eccessivo sforzo
18;
passati due tornanti,
il traverso taglia un impianto di risalita e continua fino ai due successivi tornanti,
in corrispondenza del secondo dei quali si trascura il sentiero che si stacca a sinistra.
Poco oltre si attraversa una pista da sci ed infine si esce dal bosco, andando ad immettersi su
una pista sterrata agro-pastorale pianeggiante.
La si segue verso destra (a sinistra, alcune frecce a vernice su un masso sembrano
erroneamente indicare di proseguire per prati) e, dopo circa 200 metri, si arriva ad un bivio,
nel bel mezzo dell'ampia conca prativa dei
Prati di San Lorenzo
(1505 m, 0:50 - 1:00 ore da
Limonetto)
16:
la pista scende a destra ad attraversare su un ponte il rio del
Vallone di San Lorenzo
per poi proseguire verso lo Chalet Arrucador, il
Passo di Ciotto Mien
o la
Bassa sovrana di Margheria,
mentre tenendosi a sinistra si imbocca un'ampia mulattiera inerbita (segnavia L14,
Via Alpina, GTA) per il
Colle di Tenda.
In questo punto giunge chi sale ai
Prati di San Lorenzo
seguendo il percorso alternativo proposto all'inizio.
La mulattiera sale lentamente e, lasciata una diramazione che prosegue innanzi,
dopo due tornanti riprende il suo percorso rettilineo verso sud-est.
Ben presto l'ampia mulattiera si riduce a sentiero, talvolta anche confuso con le
decine di tracce lasciate dalle mandrie al pascolo in queste infinite distese prative.
Si inizia a guadagnare quota con qualche svolta poi, superato un tratto acquitrinoso,
si ignora un sentiero che si stacca a destra e si piega decisi a sinistra.
La mulattiera qui torna evidente: al successivo tornante a sinistra si trascura
il bivio sulla destra con una malandata pista sterrata, mentre al seguente tornante si ignora
la larga pista che prosegue diritta verso la strada del
Colle di Tenda
e il bar Le Marmotte.
Si svolta invece a destra, verso sud-est, continuando a salire con comodi tornanti;
giunti poco sotto la strada del
Colle di Tenda,
si incontra un bivio a sinistra con un poco evidente sentiero.
Il percorso della Via Alpina prevederebbe di proseguire diritti sulla mulattiera fino al
Colle di Tenda,
per poi svoltare a sinistra sulla sterrata che tocca la
Caserma difensiva Centrale
e raggiunge il
Fort Central.
Nel seguito si descrive invece un percorso meno battuto ma che concatena in maniera
più logica i resti dei manufatti militari presenti sul colle.
Si tenga anche presente che intorno al valico si incontra un vero dedalo di
strade militari, vecchie mulattiere, sentieri e nuovi tracciati aperti dai fuoristrada, facendo
sembrare la descrizione del percorso più complicata di quello che poi risulta nella realtà.
Si abbandona allora la mulattiera per salire brevemente fino ai soprastanti ruderi di un edificio
militare, situato proprio a fianco della strada asfaltata. Si sale per pochi metri a destra
lungo la strada, per poi imboccare a sinistra la traccia di una vecchia
mulattiera che rimonta una sorta di valloncello prativo.
Ignorando a destra una traccia (tacche bianco-rosse) per il
Fort Central
si continua a salire fino alla vicina ed evidente selletta a sinistra della
Caserma difensiva Centrale4,
enorme edificio militare per il ricovero della truppa, ormai diruto.
Sulla selletta si trova una strada sterrata, che si segue verso destra entrando nel cortile
interno della caserma; appena usciti sul lato opposto, si salgono a sinistra pochi gradini
in pietra e si raggiunge la strada sterrata proveniente dal
Colle di Tenda
(dove ci si ricongiunge con il tracciato della Via Alpina).
Si prosegue a sinistra, passando alle spalle del
Fort Central
(1908 m, 1:15 - 1:20 ore dai
Prati di San Lorenzo)
17,
imponente fortificazione costruita per comandare il valico del
Colle di Tenda.
Il
Forte Alto,
poi divenuto
Forte Colle Alto3,
ha visto la sua denominazione mutata in
Fort Central
a seguito del suo passaggio in territorio francese.
Costruito tra il 1877 e il 1880, maggiore tra le fortificazioni del
Campo trincerato di Tenda,
era armato con 8 cannoni da 15GRC/Ret, 2 da 9GRC/Ret, 2 mortai da 15 AR/Ret,
4 mitragliatrici Gardner; la polveriera conteneva 90 tonnellate di polveri.
Era affiancato dall'imponente
Caserma difensiva Centrale
in grado di ospitare circa 300 uomini.
Fulcro dell'intero schieramento difensivo, le due strutture disponevano
di scuderie e servizi logistici vari (infermeria, magazzini, depositi
munizioni); erano collegate al fondovalle con una teleferica che saliva da
Panice sottana,
in grado di approvvigionare la guarnigione anche in caso di innevamento
delle strade.
[Le Fortificazioni delle Alpi del Mare, pp.38-39]
Terminato l'obbligatorio periplo del forte per ammirare le cannoniere che si aprono
sul fronte d'attacco, si scende verso est lungo una pista sterrata ora chiusa ai
mezzi fuoristrada con grossi massi.
La pista riporta sulla sterrata proveniente dalla
Caserma difensiva Centrale:
la si segue verso destra scendendo in poche decine di metri ad un'altra
strada sterrata proveniente da
Limone Quota 1400.
Ancora una volta si va a destra, seguendo la vecchia rotabile militare (segnavia Via Alpina, GTA)
fino alla successiva biforcazione: si lascia innanzi il ramo che prosegue per il
Colle dei Signori
e
Monesi,
e si imbocca a destra il ramo che, in poche decine di metri, si porta sul piccolo valico del
Col de Cannelle
(non nominato sulla cartografia italiana, 1874 m, 0:10 - 0:15 ore dal
Fort Central).
Qui si abbandona la rotabile (chiusa da una sbarra) che traversa fino al
Fort Tabourde
e si sale lungo l'esile sentiero che si stacca a sinistra. Il sentiero risale assai
ripido i contrafforti occidentali della
Cime du Bec Roux,
sdoppiandosi a tratti sui due lati dello spartiacque, con bellissimi panorami sul vicino
Colle di Tenda
e sulle Alpi Marittime
6.
Dopo la lunga e abbastanza faticosa salita, ci si immette sulla vecchia mulattiera
militare proveniente dal
Fort Tabourde
e la si segue verso sinistra. Quasi subito la
si abbandona per il sentiero che si stacca a sinistra, taglia un tornante della
mulattiera, e vi si ricongiunge poco a monte. Con un rilassante, seppur breve, tratto
pianeggiante, ci si porta sul poco evidente valico del
Col de la Vallette
(o
Col Vallette, anch'esso non nominato sulla cartografia italiana,
2187 m, 1:00 - 1:05 ore dal
Col de Cannelle).
Il tratto pianeggiante della mulattiera che porta al
Col de la Vallette,
appena percorso, stacca sulla sinistra due tracce che rimontano la vicina sommità
erbosa, quotata 2206 o 2215 m a seconda della cartografia, raggiungibile in pochi
minuti.
Una evidente croce in legno posta sulla cima la indica come
Cime du Bec Roux7.
Il fatto è curioso in quanto secondo tutta la cartografia, concordemente, la
Cime du Bec Roux
si trova posizionata decisamente più a sud-ovest, sebbene ad una quota quasi identica.
[-]
Il valico è un piccolo crocevia: a destra si stacca una traccia per il
Fort Tabourde,
sempre verso destra prosegue la vecchia mulattiera militare per il
Fort Pepin
(già
Forte Pepino),
a sinistra, un sentiero scende in direzione del vicino
Colletto Campanin
(o Colletto Campanino)
e della rotabile ex militare proveniente dal
Colle di Tenda,
diritto si trova il sentiero per il
Colle della Perla.
Imboccata quest'ultima direzione, il sentiero s'innalza a tagliare i tornanti della
mulattiera militare per
Fort Pepin,
incrociandola due volte; la terza volta che si torna sulla mulattiera, la si segue per
un tornante poi, al successivo tornante verso sinistra, si riprende il sentiero che si
stacca a destra. Delle due tracce si tiene quella più a sinistra, che porta nuovamente
sulla mulattiera militare proprio in corrispondenza di un bivio: qui si lascia
finalmente a destra la mulattiera per il
Fort Pepin
e si prosegue innanzi lungo il sentiero per il
Colle della Perla.
Il piacevolissimo sentiero (anche questo una vecchia mulattiera militare la cui sede
appare ancora evidente in molti tratti) taglia in piano il versante nord della
Cime de Pepin,
stacca a destra una traccia per il
Fort Pepin,
lascia a sinistra la diramazione per la
Cima del Becco,
ne aggira i contrafforti sudorientali ed infine inizia una
lenta e costante discesa sul
Colle della Perla
(2086 m, 0:55 - 1:00 ore dal
Col de la Vallette),
ove si trovano i ruderi di un vecchio ricovero militare.
Ermanno Carlotto, classe 1878 di Ceva, è stato imbarcato sul torpediniere Elba, di stanza nelle acque cinesi
a difendere gli interessi italiani nell'area. Alla testa dei suoi uomini, un distaccamento di 20 fucilieri
di marina, cadde ferito a morte il 19 giugno del 1900 in un furioso combattimento per la difesa di Tien-Tsin
da un assalto di rivoltosi durante la ribellione nazionalista contro gli stranieri.
Il suo comportamento gli valse la medaglia d'oro al Valor Militare alla memoria, ma tali dovettero essere
le sue gesta che a Carlotto furono intitolati: una cannoniera fluviale entrata in servizio nel 1921
stanziata in oriente; una grande caserma nella concessione italiana di Tien-Tsin, inaugurata nel 1926;
un reggimento di fanteria di marina dal 1991 al 2013; la caserma di Brindisi che ospita la brigata San Marco;
ed infine, anche il
Ricovero della Perla!
[Marittime n.56 Agosto 2016, pp.17-19]
Sul valico si ignorano i due rami della strada sterrata
che lo attraversa: a sinistra verso la vicinissima e ormai nota carrabile ex militare
proveniente dal
Colle di Tenda,
a destra verso la
Vacherie de Valmaurina.
Si continua invece sul sentiero che si tiene sul crinale, guadagna quota con poche
svolte, aggira le pendici sudorientali della
Cima del Cuni
e ridiscende al sottostante
Colle della Boaria
(2102 m, 0:30 - 0:35 ore dal
Colle della Perla)
8,
attraversato dalla solita carrabile ex militare e anche sede dei ruderi di un secondo grosso
ricovero militare.
Come il
Ricovero della Perla,
con il quale condivide pianta e anno di costruzione, anche il
Ricovero della Boaira
(non è un errore di battitura ma il toponimo originale del valico e del ricovero)
viene realizzato quasi certamente negli anni 1888-89. Intitolato al
Maresciallo Vincenzo Ghigo,
lungo 54 metri, il ricovero era suddiviso in due corpi, indipendenti ma uniti tra loro
dal piccolo locale riservato agli ufficiali; poteva ospitare 112 uomini paglia a terra,
o una settantina su brande da campo.
La muratura era in pietra e calce, con tetto originariamente in lose, poi rimpiazzato
dalla copertura piana alla "Hausler" nel corso dei vari interventi di manutenzione.
In previsione della seconda guerra mondiale, venne ristrutturato per l'ennesima volta,
con l'aggiunta di parti in calcestruzzo, conservatesi fino ai giorni nostri.
[Marittime n.55 Aprile 2016, pp.3-17]
Ancora una volta ci si trova su un crocevia: si ignorano a destra il ramo della
sterrata che prosegue verso il
Colle dei Signori
ed un sentiero, sempre per il
Colle dei Signori,
via
Vallon de Malabergue;
a sinistra si trascurano la sterrata ex militare per il
Colle di Tenda
e il sentiero (segnavia L25B) per
Limone Piemonte
via
Vallone della Boaria.
Attraversata la sterrata, si continua quindi sul sentiero (sempre la vecchia
mulattiera militare di cui restano solo poche tracce) che riprende la salita lungo il
filo di cresta
9.
Un sentierino taglia un tornante della vecchia mulattiera e vi ci si
ricongiunge poco sopra; valicata una selletta prativa, si tagliano lungamente i
fianchi sudorientali della
Testa Ciaudon,
alternando comodi tratti pianeggianti a brevi salite (una frana con un fronte di
alcune decine di metri si attraversa senza
difficoltà), ed infine ci si immette su una incompiuta mulattiera ex militare.
Il ramo di destra punta all'ancora lontano
Colle dei Signori,
quello di sinistra guadagna la vicina
Colla Piana di Malaberga
(2219 m, 0:35 - 0:40 ore dal
Colle della Boaria).
Questa tappa, nel tratto compreso tra la
Colla Piana di Malaberga
ed il
Passo del Duca
segue fedelmente il tracciato della strada ex militare 194, che avrebbe dovuto
collegare la
Certosa di Pesio
con il
Colle della Boaria.
Iniziati i lavori nel 1940, con carattere di urgenza, questi sono stati interrotti nel
settembre del 1941, quando ancora parecchi tratti erano rimasti incompiuti.
Da alcuni ritenuta di dubbia utilità
strategica, se non addirittura in grado di agevolare una eventuale invasione da parte
francese, da altri è invece ritenuta una strada realizzata allo scopo di aprire una
direttrice di attacco italiana verso la Francia (i montanari del luogo le avevano dato
l'appellativo di Strada dell'Invasione).
A sostegno di questa ipotesi vi è la totale
mancanza di opere fortificate difensive lungo la Valle Pesio, cosa abbastanza anomala
se si considerano le centinaia di opere fortificate del Vallo Alpino realizzate in
tutte le vallate confinanti con la Francia.
[Le strade dei cannoni, pp.219-224]
Appena oltre il valico la mulattiera (segnavia H10, Via Alpina, GTA) si biforca
nuovamente: entrambi i rami si ricongiungono poco a valle, ma è preferibile il ramo di
sinistra che lambisce la
Capanna Morgantini
(2204 m)
1314,
utilizzata per ricerche scientifiche speleologiche.
Dopo alcune svolte, ricevuto il ramo di destra, la mulattiera prosegue la discesa con
un traverso ai margini della
Conca delle Carsene,
scende un breve tratto tra detriti fini e stacca a destra una scorciatoia che taglia
un lungo tornante.
La
Capanna Morgantini
non è gestita e, se chiusa, non è utilizzabile come punto di appoggio di emergenza.
La
Conca delle Cársene
è un vasto altopiano costituito da rocce calcaree,
caratterizzato da distese di rocce nude, bianche, alternate a copertura erbosa.
Manifesta gli aspetti tipici delle aree carsiche con fessurazioni, doline,
inghiottitoi. Manca completamente un reticolo idrografico superficiale: le acque
meteoriche o di fusione vengono immediatamente assorbite e danno luogo alla risorgenza del
Pis del Pesio,
situata molte centinaia di metri più in basso (e nota per la
spettacolare cascata che si origina in primavera, per alcune settimane, durante lo
scioglimento delle nevi). Nella zona si aprono oltre 200 grotte, incluso il
Complesso Cappa,
il più profondo del sistema Cársene - Pis del Pesio.
Curiosamente, fanno parte del bacino collettore anche aree ubicate al di là dello
spartiacque alpino, come
Plan Ambreuge,
per cui le acque cadute sul versante sud delle Alpi, dopo un lungo tragitto
sotterraneo, sgorgano sul versante settentrionale della catena.
[Alpi Liguri, p.80]
[Guida del Parco Valle Pesio, pp.46-47]
Quando i due percorsi si ricongiungono, si incomincia un lungo semicerchio da sinistra
verso destra
12
per aggirare in quota la conca pascoliva sede del
Gias dell'Ortica.
Una traccia attraversa la conca toccando il
Gias dell'Ortica,
ma è decisamente preferibile tenersi sul sentiero in quota per non dover
attraversare, mai toponimo fu più azzeccato, le distese di ortiche che si
trovano tutt'intorno alla malga.
Il piccolo edificio funge in parte come malga per il pastore, in parte come
casotto di sorveglianza del Parco.
Si lasciano a sinistra due sentieri, il primo per il
Colle del Carbone
e il
Bric Costa Rossa
(segnavia H18), il secondo per il
Passo di Baban
(segnavia H11), quindi si scende sul fondo della conca
11
per risalirne il fianco
orientale con qualche svolta.
La vecchia mulattiera prosegue verso est con alcuni saliscendi
1,
portandosi ai piedi del pendio che adduce al
Passo del Duca.
In corrispondenza dell'unico tornante verso sinistra, si ignora a destra la traccia
per il
Passo Scarasson
e si traversa in non faticosa salita fino al
Passo del Duca
(1989 m, 1:35 - 1:50 ore dalla
Colla Piana di Malaberga),
stretto intaglio roccioso che dà accesso alla Valle Pesio.
Dall'alba del 9 aprile 1944, i 170 uomini della brigata partigiana della Valle Pesio
affrontarono un prolungato scontro a fuoco sulla strada tra la
Certosa di Pesio
e
Pian delle Gorre.
Approfittando della valanga del Bruseis, che impediva il passaggio dei
mezzi corazzati, i partigiani resistettero fino a sera, quando i tedeschi raggiunsero
Pian delle Gorre
e distrussero il casotto sede del comando partigiano. Nel tentativo
di accerchiamento delle formazioni partigiane un reparto tedesco che intendeva
scendere in valle attraverso il
Passo del Duca,
incappò in una mina a strappo ivi collocata e si ritirò:
era l'unica mina che proteggeva le spalle alle formazioni
partigiane!
La battaglia di Pasqua del 1944 si concluse con l'abbandono temporaneo
della valle da parte dei partigiani, che pur lamentando 12 caduti, 3 feriti e 1
prigioniero, riuscirono a sganciarsi dalle preponderanti forze dagli assalitori
(stimate in 3500 uomini) e a disperdersi verso
Upega
e la
Bisalta.
[Guida del Parco Valle Pesio, pp.143-144]
Superato il valico, un comodo sentiero scende abbastanza ripido fino al vicino bivio:
a sinistra il tracciato della progettata mulattiera ex militare scende con due ampi
tornanti nei pressi del
Colle del Prel sottano
e da lì a
Pian delle Gorre;
a destra un sentiero conduce, in pochi metri, al
Colle del Prel soprano
(1926 m, 0:05 ore dal
Passo del Duca)
10.
Ignorata a sinistra la ripida traccia che dal poco marcato valico si cala al
Colle del Prel sottano,
si svolta a destra per scendere nel
Vallone del Marguareis.
Il sentiero taglia in discesa abbastanza ripida ai
piedi delle incombenti pareti del
Massiccio del Marguareis
e giunge ad un bivio (palina): sebbene il sentiero principale (segnavia H07, Via Alpina, GTA)
pieghi verso sinistra e continui a perdere quota, conviene imboccare la recente traccia
che si stacca verso destra.
La traccia si allunga a mezzacosta, dapprima pianeggiante poi in moderata salita,
passa ai piedi di un grosso sperone di roccia e, aggiratolo, diventa un buon sentiero.
Si prosegue con un intelligente percorso, sempre a mezzacosta, con spettacolari viste
sulla parete nord del
Massiccio del Marguareis5.
Dopo aver attraversato una piccola pietraia, proprio sulla verticale del
Gias soprano del Marguareis,
il sentiero si trasforma nuovamente in traccia, sempre ben visibile e ben
segnalata da bolli rossi. La traccia prosegue in saliscendi lungo lo scosceso pendio
ed infine si immette sul sentiero più ampio proveniente dal
Gias sottano di Sestrera
(segnavia H01, Via Alpina, GTA).
Lo si segue verso destra, in pendenza subito sostenuta: si guada un piccolo rio
e si giunge al minuscolo pianoro prativo che precede l'ultima faticosa rampa.
In breve, con pochi stretti tornanti tra macchie di rododendri e roccette affioranti
si guadagna il piccolo
Laghetto del Marguareis
(1924 m, 1:15 - 1:25 ore dal
Colle del Prel soprano),
in parte ormai ridotto a torbiera.
Poche decine di metri ad ovest del laghetto era stata realizzata la
Stazione botanica Danilo Re,
su una superficie di circa 8.000 mq.
Era intitolata a
Danilo Re,
guardaparco deceduto in servizio e grande promotore della realizzazione
delle stazioni botaniche incontrate lungo questo itinerario.
Conservava le specie vegetali rare più significative delle Alpi Liguri e Marittime,
tra cui alcuni paleoendemismi come Berardia subacaulis,
ma anche relitti glaciali rarissimi.
Purtroppo, gli alti costi per il mantenimento della stazione botanica in quota,
e la difficoltà nel reperire personale in grado di effettuare la
corretta manutenzione, hanno portato alla dismissione della stazione stessa.
[Parco del Marguareis, Le stazioni botaniche alpine]
Trascurando una traccia assai poco evidente (segnavia
"Sentiero Flavio Sordella")
che prosegue in salita verso
Porta Marguareis
e il
Colle del Pas,
ci si porta sul versante destro orografico del vallone, utilizzando il basso muretto
in pietra e cemento che sbarra a valle il laghetto per guadarne l'emissario.
Dopo aver perso alcune decine di metri di quota, il sentiero volge a nord-ovest
e compie un percorso quasi a ritroso, in leggera salita,
tra pendii prativi, pini montani e ginepri.
Dopo aver superato il costone che adduce al
Vallone di Sestrera,
ci si trova nella piccola ma pittoresca piana prativa di
Pian del Lupo,
sede del
Rifugio Garelli
(1966 m, 0:20 - 0:25 ore dal
Laghetto del Marguareis)
15.
Sandro Comino, tra i fautori della riscoperta alpinistica del Gruppo del Marguareis,
alla fine del secondo conflitto mondiale si fece promotore del progetto di realizzazione di
un rifugio che agevolasse le salite nel massiccio.
Coinvolgendo la sezione del CAI di Mondovì e un gruppo di amici fidati, il progetto prese piede
grazie ad alcune strutture metalliche recuperate tra i residuati bellici.
All'inizio di settembre del 1949, trasferito a dorso di muli il materiale fino al
Pian del Lupo,
sede scelta per il nuovo rifugio,
ebbero avvio i lavori. In una quindicina di giorni, il gruppo di volontari coadiuvati
da un unico muratore di
Prea,
portò a termine il nuovo rifugio. Fu inaugurato il 18 giugno 1950.
Nel 1962, causa alcuni cedimenti strutturali, il rifugio venne consolidato ed ampliato,
aumentando la capienza originaria che era di 18 posti.
Tuttavia, la notevole frequentazione del rifugio rese evidente come, anche con
l'ampliamento appena effettuato, la capienza fosse sempre insufficiente.
Incominciò quindi ad emergere l'ipotesi di una totale ristrutturazione, che prevedeva
però, per desiderio del Comino, di conservare il vecchio rifugio inglobandolo in
quello nuovo.
Questa volta il materiale da costruzione giunse a
Pian del Lupo
grazie alla spola incessante di un elicottero.
Ben cinquanta volontari si adoperarono per la nuova struttura, 80 posti letto e tutti
i servizi necessari, che fu inaugurata il 22 settembre 1968.
La sorte tuttavia aveva in serbo un triste destino: un devastante incendio distrusse completamente
il rifugio nel 1987, a neanche vent'anni dall'inaugurazione.
Superato lo sgomento, e racimolate con fatica le necessarie risorse finanziarie,
venne costruito un nuovo moderno rifugio, dotato di ogni comfort e dalle linee
accattivanti, che richiamano il profilo del
Massiccio del Marguareis.
Il rifugio è stato inaugurato il 13 ottobre 1991.
Sin dalla prima costruzione, il rifugio fu dedicato alla figura di
Pier Mario Garelli,
noto a tutti solo come Piero,
avvocato, compagno di cordata di
Sandro Comino.
Presidente del CAI di Mondovì, subito dopo l'armistizio entra nella Resistenza,
aggregandosi alla III Divisione alpina operante in Val Casotto. Arrestato
a Mondovì, fu inizialmente rinchiuso a Torino.
Il 25 maggio 1944 fu trasferito nel campo di concentramento di Fossoli, quindi a
Bolzano ed infine nel lager di Mauthausen. Morì nel sottocampo di Gusen, poco prima
della fine delle ostilità.
Tra il 2013 e il 2014 è stato realizzato al
Rifugio Garelli
un fitodepuratore per il trattamento delle acque reflue.
Il progetto, finanziato grazie al
Programma Europeo ALCOTRA, aveva come obiettivo la messa a norma della
depurazione delle acque reflue di due strutture ricettive localizzate in ambienti
di grande valore naturale e paesaggistico.
La sperimentazione mirava a sviluppare tecniche di fitodepurazione
in alta quota in grado di riprodurre artificialmente i naturali processi
autodepurativi di zone umide come stagni, laghi e habitat ripariali dei
corsi d'acqua.
Il Parco del Marguareis ha scelto come beneficiario della sperimentazione il
Rifugio Garelli,
con la costruzione di 5 vasche di decantazione delle acque del rifugio al cui
interno sono state messe a dimora alcune specie di piante autoctone, selezionate dopo una
preliminare attività di ricerca e di sperimentazione per valutarne l'efficacia di
depurazione.
L'azione delle piante, infatti, insieme a quella dei microrganismi presenti sulle radici e
nel suolo, favorisce il naturale riciclo della sostanza organica e la depurazione
dell'acqua proveniente dagli scarichi umani del rifugio.
Nel corso dell'estate 2014 il sistema è stato sottoposto a un attento monitoraggio,
sia nel suo funzionamento tecnico che negli effetti depurativi sulle acque,
mediante una serie di puntuali analisi batteriologiche.
Il risultato è stato all'altezza delle aspettative: le piante messe a dimora
prima dell'inverno si sono mantenute e sviluppate come da programma,
e gli scarichi del rifugio - delle cucine così come dei servizi igienici - sono
stati depurati in modo naturale e riconsegnati alla terra nella migliore della
loro condizione.
Un sistema che il Parco del Marguareis mette al servizio anche di altri progetti di
intervento su insediamenti umani non serviti da reti fognarie, perché sostenibile, a basso
costo di realizzazione e funzionamento, a consumo energetico praticamente nullo e capace
di garantire la rinaturazione e il recupero di zone umide in aree di pregio biologico e
paesaggistico.
Per gli amanti delle statistiche, il primato di fitodepuratore più alto d'Europa se lo
aggiudicherà l'impianto di Plan des Fontainettes, località turistica a 2.093 metri,
presso il Lac du Mont Cénis, in Francia, realizzato nell'ambito dello stesso progetto.
[Parco del Marguareis, Fitodepurazione in alta quota]
Poco oltre il rifugio si trova una seconda, più grossa, stazione botanica.
La stazione
2,
che si estende su oltre 10.000mq, è intitolata a
Emile Burnat
e
Clarence Bicknell.
Burnat, botanico svizzero, è autore dell'importante opera 'Flores des Alpes
Maritimes'; Bicknell, botanico inglese attivo in Valle Pesio per circa trent'anni,
è conosciuto anche come primo catalogatore delle incisioni rupestri
del Monte Bego.
La stazione custodisce habitat rari e minacciati e vi sono collezionate esclusivamente
le specie vegetali d'alta quota più significative delle Alpi Liguri e Marittime.
Attualmente essa ospita diverse entità rarissime o endemiche, quali
Saxifraga florulenta e Fritillaria tubaeformis subsp. moggridgei, offrendo un'opportunità
unica sia agli appassionati che ai semplici curiosi.
Pannelli illustrativi descrivono i vari ambienti, e le specie botaniche sono facilmente
riconoscibili grazie alla denominazione scientifica riportata sulle targhette.
In totale, le due stazioni botaniche vedono la presenza di circa 500 specie di piante
tipiche alpine.
[Parco del Marguareis, Le stazioni botaniche alpine]
Accessi
Da Borgo San Dalmazzo si risale la Valle Vermenagna fin oltre Limone.
Si svolta a destra per Limonetto e Quota 1440, girando poi subito a destra per Limonetto.
Da Ventimiglia si risale interamente la Val Roya e si attraversa il traforo di Tenda; dopo
breve discesa verso Limone si svolta a sinistra per Limonetto e Quota 1400, proseguendo poi come
sopra.
[IGN n.3841OT] [Fra n.16] [AsF n.4] [AsF n.3] [Blu n.2] [IGC n.114] [IGC n.8] I riferimenti dettagliati alle carte sono disponibili nella sezione Bibliografia.
Ultimo aggiornamento
Ultimo sopralluogo: Autunno 2014
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